Bari, Kickboxing con il campione del mondo Luca Martorelli

Bari, Kickboxing con il campione del mondo Luca Martorelli

17 Febbraio 2020 0 Di Redazione

Presidente regionale della Federazione Italiana Giovanni Laterza: «Il full contact è la specialità che può rappresentare meglio questa disciplina. Possibile partecipazione a Taranto per i Giochi del Mediterraneo, ma niente di ufficiale al momento».

 

Luca Martorelli, campione del mondo in carica di Kickboxing cintura nera di quinto grado, è stato protagonista di una masterclass teorica e pratica nelle specialità Ligth Contact e Point Fight che si è svolta a Triggiano presso la sede regionale della Federazione Italiana di Kick Boxing Muay Thai, Savate e Shoot Boxe, FIKBMS riconosciuta dal CONI. Due giornate dedicate agli esperti di questa disciplina con l’obiettivo di fornire schemi automatici, più numerosi possibili, da usare in situazioni che più frequentemente si verificano in questo sport da combattimento in modo tale da essere in grado di reagire prontamente ed in maniera efficace.

Prima la teoria, per spiegare come si imposta la seduta d’allenamento, quali sono le fasi, le caratteristiche e gli automatismi, una tipologia di movimento che l’atleta è in grado di sviluppare, preparare e mettere in pratica per l’obiettivo da ottenere attraverso una precisa metodologia utile a capirne significato ed utilità.

Alla conferenza di presentazione della masterclass di kickboxing, lo scorso 1 febbrao, hanno partecipato il presidente regionale FIKBMS della Puglia Gianni Laterza, il presidente dell’accademia Kendro Pasquale De Ruvo che ha premiato il professore Luca Martorelli con una targa di riconoscimento per l’impegno e lo stage organizzato dall’accademia di arti marziali Opacademy fondata dal Mestro Ottavio Panunzio, cintura nera 8° di kickboxing, responsabile e direttore tecnico degli sport da combattimento, su ring o tatami, praticati al Kendro di Triggiano.

«Ho sempre avuto una grandissima tradizione nell’ambito delle arti marziali – spiega il presidente De Ruvo – in generale e della kickboxing grazie alla presenza del maestro Ottavio Panunzio che mi ha coinvolto in più fasi della mia vita da agonista riuscendo a stimolarmi più volte alla partecipazione di gare ottenendo buoni risultati grazie al suo al suo sapere. Con immenso piacere quando poi sono diventato il presidente di questa accademia dello Sport Kendro ho delegato con piena autonomia al maestro Panunzio, che io considero anche un fratello maggiore, la direzione tecnica di tutto il settore legato di arti marziali e come sempre mi ha dato ampia soddisfazione portando prestigio a questa accademia. Oggi è un altro di quei giorni in cui riesce a portare prestigio al lavoro che abbiamo sempre svolto ed io sono onorato della presenza del professore Luca Martorelli».

Diversi sono gli sport praticati da Luca Martorelli nella sua carriera professionale ed atletica. Nato a Roma il 27 luglio 1974, il professore si è dedicato fin da giovane agli sport da combattimento con il full-contact. Studia all’ISEF e consegue il diploma di laurea con lode. Autore di articoli e libri sullo sport delle arti marziali, esercizi e preparazioni atletiche, nel 2013 pubblica il suo primo libro “Preparazione atletica negli sport di combattimento e nelle arti marziali”. Nel 2014 è nominato membro della scuola nazionale di formazione della Federazione Italiana di Kickboxing FIKBMS e nel 2015 pubblica il suo secondo libro “Esercizi atletici per sport e fitness”. Attualmente è maestro e tecnico federale di Kickboxing della FIKBMS, preparatore atletico specializzato in sport da combattimento e insegna al centro di preparazione olimpica Acqua Acetosa “Giulio Onesti”. Impegnato nelle competizioni nazionali ed internazionali ha conquistato negli ultimi anni 5 titoli italiani, 2 coppe europee, 1 coppa del mondo ed è campione del mondo WAKO in carica nella sua categoria. Da un estratto del suo ultimo libro il professore sostiene che forza, rapidità, flessibilità, resistenza e coordinazione rappresentano la sintesi di tutto il bagaglio motorio utile all’uomo quindi funzionale alla sua esistenza. Il concetto chiave è sviluppare, allenare e ri -allenare gli schemi motori attraverso esercizi base, efficaci proprio perché funzionali al mantenimento di una buona salute e a prestazioni sportive di eccellenza.

«Ho evidenziato – spiega Luca Martorelli – l’importanza delle varie fasi di sviluppo del movimento che parte da quando siamo piccoli e prima ancora nel grembo materno. Tutto si evolve nel tempo con degli schemi ben precisi, la cosa più importante sarebbe quella di poter sviluppare al massimo le potenzialità del bambino nelle fasi sensibili e quindi nelle fasi in cui determinate caratteristiche sono più sviluppabili di altre per avere poi la costruzione di un individuo adulto completo, cioè con delle capacità massimali nel suo potenziale genetico. Questo, perché dopo un certo periodo, certe cose non possono essere più sviluppate come prima. L’allenamento è sempre favorevole e positivo, porta sempre dei risultati, però se io ho sviluppato il mio potenziale massimo nell’età giusta, sarò più prestante dal punto di vista sportivo e agonistico per un’attività di alto livello. Questo concetto per me vale anche in generale per persone che praticano sport non agonistico. L’aver sviluppato determinate caratteristiche al momento giusto fa sì che la persona sia al massimo delle sue potenzialità e se questo lavoro viene proseguito nel tempo permette di stare sempre in buone condizioni e in buona salute anche nelle situazioni di vita quotidiana quindi non per forza nell’attività sportiva agonistica e questo concetto va avanti ulteriormente quando si arriva in età avanzata per cui è importante non sottovalutarlo. Siamo abituati a vedere la persona anziana un po’ come quando è un bambino non perché si ripropongono le stesse problematiche ma perché inizia ad aver bisogno di aiuto, inizia a non essere più in grado di fare determinate cose ed è assimilabile anche dal punto vista dello sviluppo. Dobbiamo ritornare a fare determinati movimenti che sono la base solo che quando eravamo piccoli ci servivano per svilupparci, in età matura ci servono per poter mantenere alcune capacità, la possibilità di camminare, di alzarsi in piedi in autonomia, di fare delle cose che per una persona anziana in età avanzata cominciano ad essere problematiche. Se però intervengo a livello motorio in un certo modo posso prevenire questi problemi e sicuramente la persona ne giova positivamente per la salute. L’evoluzione della allenamento è legato ai principi fondamentali infatti nel secondo libro citato prima ho voluto puntualizzare queste cose in un contesto in cui in questo momento ed anche qualche anno fa quando l’ho scritto affermavo ed affermo che continua ad esserci la propensione di andare dietro alle mode e quindi l’allenamento è la moda del fitness o del CrossFit. Vanno di moda determinati sport e allora tutti quanti si lanciano nel fare determinate attività che però nella loro specificità non sono cose negative ma il problema è che non le si utilizza forse nella maniera giusta, nell’età giusta o nel momento giusto. Quindi la cosa interessante è capire il senso di quello che uno fa e utilizzarlo per un fine preciso. Il CrossFit ad esempio è stato creato per un certo tipo di obiettivo e secondo me non è adatto a tutti e non è neanche una modalità di allenamento utile per tutti. Non è detto che se io sono un atleta di kickboxing, il CrossFit possa essere positivo per il mia prestazione, lo può essere forse in alcune fasi fondamentali per capire quello che si fa e perché lo si fa. La conoscenza è alla base di tutto questo, perché se io ho la conoscenza della fisiologia, della anatomia, della biomeccanica, capisco che certi sport sono idonei per un certo obiettivo ed altri magari no».

La kickboxing si può iniziare a praticare dall’età di 8 anni e fino ai 49 in competizione poi si può continuare ad allenarsi ed a tenersi in forma come racconta Martorelli che ha condotto la masterclass di kickboxing per le specialità Light Contact e Kick Light. Quindi a qualsiasi età uno voglia approcciarsi comunque la prima cosa è sempre la preparazione e la conoscenza atletica.

Come si inizia ad approcciarsi alla kickboxing?

«Io rappresento i master in attività agonistica – spiega Martorelli – ma chiaramente oltre l’attività agonistica ci sono allievi che hanno un’età superiore ai 50 anni. Nella fase iniziale è importante sviluppare le caratteristiche del bambino in un certo modo molto ampio e quindi l’apprendimento di una disciplina sportiva passa attraverso innanzitutto il gioco, perché è il mezzo di apprendimento migliore per un bambino e poi attraverso tutta una serie di attività che siano non troppo specializzate e quindi non troppo lavoro specifico tecnico, molto standardizzato ma anche lavoro specifico che ha una grande variabilità. Più concetti apprende il bambino, più è in grado di essere elastico, mobile. Se un bambino che ha fatto correttamente attività sportiva fino a una certa età e dopo cambia sport, è in grado di apprendere qualunque altro sport se ha sviluppato determinate caratteristiche. Poi c’è la fase successiva in cui il ragazzo o l’adulto pratica questa disciplina o per passione oppure anche a livello agonistico, allora subentra una fase successiva in cui rientrano tutti gli aspetti su gli automatismi, certi meccanismi da strutturare e la tattica di combattimento. La preparazione atletica, chiaramente viene sempre a supporto del lavoro tecnico e poi c’è la fase successiva in cui l’obiettivo è quello del mantenimento atletico. Quello che devo fare io oggi non è più sviluppare i livelli di forza ma sviluppare le rapidità e sviluppare chissà quali abilità tecniche in più ma è fondamentale che riesca a mantenere elevate tutte queste mie caratteristiche per le mie possibilità fisiologiche del momento. Se riesco ad essere il più efficiente possibile nella mie possibilità, avendo 45 anni, è chiaro che nelle competizioni con un mio coetaneo che non è stato in grado di raggiungere la massima disponibilità sono in vantaggio e quindi posso essere in grado con più facilità di vincere una gara però questo poi vale anche al di fuori della competizione, perché sono comunque una persona più efficiente ed in buona salute».

Il maestro Ottavio Panunzio, nato in Venezuela il 31 marzo del 1961, nel corso della sua carriera sportiva ha conquistato diversi titoli, gradi e qualifiche. Cintura nera di 8° grado di KickBoxng, ha vinto campionati italiani, europei e mondiali. Attualmente è educatore sportivo, responsabile e direttore tecnico degli sport da ring presso il Kendro ed è specializzato in diverse discipline tra cui karate, tae kwon do, kickboxing, muay thai e pugilato. Membro della nazionale italiana di karate e della nazionale di Kick Boxing nelle specialità del semi contact, light contact e full contact.

“La Kickboxing – spiega Ottavio Panunzio – è uno sport agonistico, oltre che dilettantistico, molto praticato ai giorni nostri. Ha un impatto educativo e sociale rinforza il carattere aiuta a crescere, migliora la propria autostima e sopratutto aiuta a difendersi. Ed è proprio per la difesa che negli ultimi anni questa disciplina viene scelta soprattutto da donne e da giovanissimi a partire anche dall’età di 8 anni e su iniziativa della famiglia, perché potrebbe essere utile per difendersi da fenomeni di violenza di genere o di bullismo nelle scuole. I miei piccoli allievi quando arrivano in accademia sono quasi chiusi in se stessi quasi a non volermi neanche guardare negli occhi. Con la frequenza dei corsi li ho visti ritrovare una corretta postura e migliorare il rapporto con se stessi. Parlando di bullismo, il bullo solitamente aggredisce l’individuo più debole di un gruppo però se in quel gruppo tutti incominciano ad avere un aspetto più fiero più convinto, il bullo fa un passo indietro perché avverte che non è più facile dominare queste persone”.

Nella prima metà degli anni ’70 la Kickboxing, chiamata Full Contact Karate, nasce negli USA e nel 1980 ha successo in Europa. Dopo pochi anni dal primo campionato del mondo a Berlino, la World Association Kickboxing Organization, WAKO, fondata sempre nei primi anni ’70 decide di sostituire il nome originario coniando il termine Kickboxing per evitare confusione sulle discipline marziali e per comunicare esattamente l’idea di cosa fa chi pratica questa arte marziale. In Italia negli stessi anni viene fondata la Federazione Italiana Arti Marziali e nel tempo il settore della Kickboxing diventa sempre più importante fino alla decisione di presentarsi ufficialmente al CONI e per la prima volta il 23 marzo 2004 come Federazione Italiana Kick Boxing, FIKB, riconosciuta come Disciplina Sportiva Associata Sperimentale accorpando a se altre due discipline, la Muay Thai e la Shoot Boxe, con il tutoraggio della Federazione Puglilistica Italiana ma solo fino al 2005. Dopo 10 anni la FIKB cambia dicitura e diventa FIKBMS con l’accorpamento di nuove discipline marziali. Il 9 novembre del 2015 la Federazione Italiana di Kickboxing, Muay Thai, Savate e Shoot Boxe, viene riconosciuta dal CONI come Disciplina Sportiva Associata Effettiva. In Italia la FIKBMS ha lo scopo di promuovere, regolare e sviluppare le discipline sia a livello nazionale che internazionale ed ha nella World Association Kickboxing Organizations (WAKO) la sua Federazione Internazionale di riferimento. Per il settore Muay Thai esiste la International Federation of Muaythai Amateur (IFMA); per il settore Shoot Boxe la World Mixed Martial Arts Federation (WMMAF); per il settore Sambo la International Sambo Federation (FIAS).

«Abbiamo anche avuto il riconoscimento del Comitato Internazionale Olimpico – spiega il presidente regionale della Federazione Italiana di kick boxing della della Puglia Gianni Laterza – e siamo pronti nei prossimi anni a fare il salto di qualità quello di essere un Federazione Sportiva Nazionale. La Puglia è attenta per quanto riguarda tutto quello che è la preparazione. Partiamo questo mese con il nuovo corso tecnici allenatori e istruttori che continuano la loro preparazione acquisendo crediti formativi che aiutano ad avere un bagaglio sportivo culturale necessario per insegnare ai propri atleti e i passaggi di grado. La Puglia è in continua crescita anche con le società sportive. Si contano più di 50 società affiliate alla Federazione Italiana di Kickboxing nell’anno 2019/2020. L’anno passato erano 38 società, tre quattro anni fa eravamo ancora meno e questo significa che tutte le società sportive presenti sul territorio della Puglia iniziano a capire cosa significa essere federazione ufficiale del CONI importante per il futuro di questa disciplina».

Parlando di opportunità e traguardi di questa disciplina in futuro ci potrebbero essere possibilità lavorative riguardo la pratica della Kickboxing per le forze armate?

«Sì questo è uno dei traguardi. Noi già siamo inseriti con progetti di kickboxing nelle scuole ed anche per le forze armate. Se ci sarà il riconoscimento della Federazione Sportiva nazionale si potranno sviluppare prospettive a favore di questo sport da combattimento. Già con il riconoscimento del CIO in futuro ci potrebbe essere la partecipazione alle olimpiadi e questo sicuramente sarà un bagaglio dove le forze armate potranno considerale la kickboxing e tutte le discipline da combattimento. La pratica del Sambo e della Muay Thai sono già sport olimpici e a breve speriamo anche la kickboxing. Su Taranto ci sono i Giochi del Mediterraneo dove si sta lavorando per la partecipazione della kickboxing come disciplina da combattimento e avere fare questo passo potrebbe essere un qualcosa che ci apre ancora di più le porte però questa è ancora in fase di definizione, niente di ufficiale».

«La federazione ha innalzato i quadri tecnici – continua il maestro Panunzio – fino a qualche anno fa il primo brevetto era quella di allenatore poi c’era quello di istruttore ed infine quello di maestro. La federazione ha pensato bene di adeguarsi agli standard europei e quindi c’è un brevetto superiore a quello del maestro che è terzo livello coni, quarto livello coni e ancora più su la laurea in scienze motorie. Io mi sono presentato come studente ed ho incominciato il percorso per il terzo livello Coni».

Domande del pubblico

Professor Luca Martorelli riguardo l’agonismo dei master qualcosa sarà cambiato rispetto al passato? Cosa rappresenta il master oggi?

«Prima era un ambito poco battuto nel nostro settore – spiega Martorelli – anche se nelle altre Federazioni nelle altre discipline i Master sono considerati come tutti gli altri quindi ci sono molte classi di età tra l’altro nell’atletica leggera si può gareggiare anche fino a 75 anni quindi è un ambito molto giustificato dal fatto che comunque ormai la vita va sempre più avanti siamo sempre più in buona salute e quindi la possibilità anche di fare attività sportiva agonistica innalza questo livello. Ora sta prendendo piede anche nel nostro ambito per la kickboxing. Io ho iniziato 5 anni fa quando ce n’erano ancora pochi e adesso è cresciuto molto il numero anche a livello internazionale perché comunque avendo la possibilità di combattere anche all’estero ho potuto vedere anche questo ed è cresciuto anche il livello mentre prima era qualcuno che così ci provava si buttava e tentava di fare una gara ma magari non era molto preparato anche tecnicamente o atleticamente. Adesso diventa sempre più difficile per chi si cimenta trovare spazio e trovare vittorie, perché si sta proiettando l’allenamento anche in età più avanzata. Io credo sia un vantaggio perché questo porta intanto ad ampliare i partecipanti ad una competizione ma ampliare gli iscritti nei Club perché dando la possibilità di frequentare in età ancora più avanzate è chiaro che si apre una porta interessante anche perché siamo sempre più vecchi come età media della popolazione quindi è una fascia che dovrebbe essere incentivante e poi perché io li vedo un esempio sono persone che nonostante abbiano una famiglia, impegni lavorativi, problematiche ed è sempre più faticoso dedicare spazio all’allenamento, lo riescono a fare e addirittura riescono a farlo a livello agonistico e quindi secondo me va premiato va tenuto in considerazione ed è un esempio per i giovani che magari invece ad oggi molti pur non avendo niente da fare avendo tanto tempo a disposizione vengo tanta salute e tanta energia se ne stanno tranquilli e beati sul divano e non fanno niente dal punto di vista sportivo insomma».

Cosa si può fare per farsi avvicinare più donne a praticare questo tipo di sport?

«Ma in realtà ce ne sono già tante di donne – continua Martolrelli – che praticano e lo possiamo notare seguendo i campionati nei palazzetti dello sport è possibile notare insomma come le categorie le classi femminili siano numerose. In palestra secondo me ce ne stanno anche di più perché forse non tutte le donne protendono verso l’agonismo quindi magari sono tante praticanti ma poi un po’ ridotto il numero degli agonisti però il trend è in crescita e penso confermano pure loro che hanno una visione della regione, dei tesseramenti e quindi è una cosa che si sta divulgando molto bene anche in ambito femminile come diceva il maestro prima c’è anche l’aspetto della difesa personale c’è anche l’aspetto della sicurezza c’è anche l’aspetto di rendere le persone più capaci e quindi anche le donne in questo caso e più sicure anche di loro stesse per cui oltre l’aspetto della portanza dello sport e dell’attività c’è anche questo fattore. Quando ho cominciato io e loro sicuramente ancora prima di me non ce n’erano donne piano piano sono aumentate e devo dire che a livello agonistico le donne hanno una marcia in più».

«In Puglia – aggiunge il presidente Giovanni Laterza – abbiamo un buon numero di donne che praticano la kickboxing. Ma se voi ci fate caso chi frequenta i palazzetti, la maggior parte del pubblico un buon 50 – 60 % sono donne e questo significa che non è uno sport solo maschile. La donna si sta avvicinando ma sempre di più a questo sport fantastico, abbiamo giocato in tutta Italia le medaglie anche a livello sono molto anche a livello femminile perciò si sta lavorando bene la Kickboxing cresce sotto il punto di vista dei piccoli e grandi ma soprattutto anche delle donne».

Nonostante i passi importanti fatti in questo sport c’è ancora chi vede in questa disciplina violenta. Cosa si può rispondere a chi crede che sia così?

«Parlo soprattutto in qualità di appassionato – spiega Pasquale De Ruvo – Mi sono sempre innamorato di questo sport perché ti mette di fronte ad un avversario e ti impedisce di di portare come alibi per la sconfitta qualsiasi altra scusante e ti insegna soprattutto a rispettare l’avversario. Infatti se voi notate al termine di ogni combattimento c’è sempre l’abbraccio tra gli atleti cosa che non avviene in sport considerati diciamo più elitari o addirittura più signorili dove spesso ci sono delle polemiche esempi sbagliati quindi di violenza se ne vede di più in una partita di calcio o altri che in un combattimento dove ci sono delle regole si rispettano le regole, ci si affronta e si ci si vuole bene alla fine del combattimento, stimando l’avversario che ti ha battuto o essendo stimato dell’avversario che hai battuto però ovviamente questo messaggio siamo noi a doverlo trasmettere ai bambini. Quando noi la nostra generazione combatteva ha iniziato a combattere questo sport lo si conosceva attraverso i film attraverso esempi che poi dovevano essere veicolati dai giusti maestri, purtroppo ovviamente l’evoluzione ci consente di migliorare sempre anche dal punto di vista della comunicazione ma non tutti i maestri sono stati bravi nel trasmettere questo messaggio ai ragazzi e alcuni addirittura hanno poi nel tempo trasformato quella che dovrebbe essere la funzione principale di questo sport cioè imparare a difendersi a far crescere la propria autostima e ad affrontare i problemi a viso aperto in quelli che sono i problemi della società cioè nel bullismo. Questo sport è soprattutto disciplina se un maestro consente ai bambini di essere anarchico nell’ambito della lezione sta già sbagliando. Questa è la risposta che va data, non è uno sport violento è uno sport dove ci si misura tecnicamente in un ambito di regole però il nostro il ruolo di dover comunicare bene alle famiglie ai bambini. Io ho fatto tantissimi sport non riesco a stare senza l’agonismo e quindi cerco di reinventarmi sempre però di tutte le discipline che ho praticato quella dove ho visto più schiettezza e più sincerità è quella del combattimento e vi assicuro gioco a tennis ho giocato ad altre discipline l’esempio più sbagliato spesso arrivare dai genitori che sono lì a cercare la via più rapida per far capire al bambino a giustificare una sconfitta del bambino quando il bambino deve imparare. In uno sport dove dove c’è un avversario di fronte a te tu nel momento in cui accetti la sfida devi accettare il 50% di possibilità di perdere se non sei pronto ad accettare la sconfitta ad allenarti di più per risolvere il problema non competere perché questo diventerà un problema psicologico se noi non siamo bravi a trasmettere questo come maestri come atleti anziani non il problema non lo risolveremo mai».

Professore Luca Martorelli, cosa si può fare secondo la sua grande esperienza per rivalutare il full contact in Italia?

«Beh diciamo che la promozione non è il mio settore io mi occupo di formazione e insegnamento. Per promuovere uno sport, sicuramente una disciplina, bisogna innanzitutto dare un punto di riferimento. Il full contact era la principessa diciamo delle discipline che è andata purtroppo ad essere messa in secondo piano quando si è sviluppato un kaiyuan che dal punto di vista mediatico ha spazzato via tutti. C’era il kaiyuan in Giappone che era un torneo fantastico dove c’erano atleti meravigliosi di altissimo livello i migliori al mondo, ho visto degli incontri stupefacenti e quindi questo che cosa ha portato che tutti quanti hanno detto Ah cacchio Questo è bello questo è una possibile un possibile obiettivo facciamo kaiyuan perché non si sa mai nella vita un giorno il mio sogno potrebbe essere arrivate lì e quindi tutti i praticanti si sono poi direzionati e di conseguenza e poi l’offerta si rifà alla richiesta di mercato, secondo me questa è la causa principale. Quindi bisognerebbe cercare dato che tra l’altro adesso kaiyuan è una disciplina come le altre non c’è più, questo secondo me, grande richiamo in più rispetto alle altre discipline, per riportare ad avere delle manifestazioni magari interessanti che danno la possibilità a chi guarda di apprezzare questa disciplina, spettacolare, tecnica, c’è efficacia nei colpi ma c’è anche la tecnica, c’è molta pulizia e secondo me sono le caratteristiche belle del full contact, e questo potrebbe richiamare a quel punto l’interesse, richiama l’interesse, richiama la richiesta e la richiesta ha una risposta da parte di chi può insegna e fa sviluppare i corsi».

«Per quanto riguarda il full contact – aggiunge il presidente Laterza – è importante per una società sportiva cominciare, perché potrebbe essere anche una delle discipline sportive più difficili con un bagaglio tecnico molto alto ed è una delle discipline che in un eventuale futuro olimpico potrebbe rappresentare anche la kickboxing. Però è importante far sì che i tecnici delle società sportive iniziano a prendere in considerazione il full contact in palestra con il lavoro e con le gare. Le società sportive devono iniziare a vedere anche l’ottica del full contact».

«Io ho rivalutato questa cosa qui – aggiunge il maestro Panunzio – perché c’è questo piccolo sogno di portare forse il full contact alle olimpiadi. Abbiamo programmato partire dall’anno sportivo 2019/2020 da settembre le varie specialità della kickboxing, la prima è stata quella del point poi siamo arrivati alla seconda che era il light, spiegando sia i tecnici che agli allievi che da Light Contact, i più preparati potevano poi salire sul ring e fare il full contact. Quindi questo è rivolto un po’ ai tecnici che non devono pensare di specializzarsi solo sul point o solo sulla kick light e sicuramente bisogna dare un apporto tecnico prima delle specialità dopodiché organizzare degli eventi mirati per specialità. Solo così si può promuovere la specialità storica del full contact. I nostri bambini a 10 anni sono già agonisti quindi possiamo pensare di fargli fare il light Contact e questo significa che abbiamo 6 anni per prepararli bene. praticano ligth contact fino ai 15 anni. A 16 anni hanno la possibilità, se ne hanno voglia e se sono preparati bene, di salire sul ring per il full contact».